Alberto Brambilla e Antonietta Mundo ci hanno spiegato in questi giorni che il bilancio dell’Inps avrà un beneficio di circa 12 miliardi per mancate spese, nei dieci anni tra il 2020 e il 2029. Più di un miliardo all’anno di “risparmi”. La ragione di questa buona notizia è la cattiva notizia che ci accompagna da più di un anno: il coronavirus. La stragrande maggioranza delle oltre 100mila vittime in Italia (e non solo) è di età superiore ai 65 anni, con un’incidenza percentuale ancora più alta per gli ultrasettantenni. Tutti pensionati che non riceveranno la pensione.
L’analisi (un po’ lugubre, ma utile) condotta sui conti della previdenza potrebbe indurci a due considerazioni per il futuro: una volta si sarebbe usata la brutta parola “tesoretto”, di fatto c’è un “fondo” (mancate spese) che sarebbe peccato sprecare e diluire nel mare magnum del debito pubblico (e dell’Inps). D’altro canto – seconda considerazione – non ci si deve fare illusioni sul futuro previdenziale dei nostri concittadini.
Parto da questa seconda riflessione. L’emergenza Covid ha messo in secondo piano i problemi legati al futuro della previdenza. Le pensioni sono l’orizzonte, il “qui e ora” è fatto di salute e assistenza. Ma il tempo della pensione arriverà, prima o poi. E le nubi che si addensano all’orizzonte non promettono niente di buono. Tutti i fattori che possono condizionare (in negativo) il futuro previdenziale si sono accumulati come per una tempesta perfetta: il crollo del Pil, l’esplosione del debito pubblico, la più che prevedibile crisi occupazionale che travolgerà il Paese dopo il 30 giugno (quando si porrà fine all’innaturale blocco dei licenziamenti), la crisi demografica che continuerà a far peggiorare il vitale rapporto tra percettori e lavoratori attivi.
I recenti dati Istat ci hanno ribadito che in Italia si nasce sempre di meno. Al 31 dicembre 2020 la popolazione residente è inferiore di quasi 384 mila unità rispetto all’inizio dell’anno, “come se fosse sparita una città grande quanto Firenze”, per usare il paragone utilizzato dall’Istat nel rapporto sulla “Dinamica demografica durante la pandemia Covid-19” relativa al 2020. Il presidente Istat, Gian Carlo Blangiardo, di recente aveva sottolineato che “oggi abbiamo 33 ultrasessantacinquenni ogni cento soggetti in età attiva. Tra trenta o quarant’anni questo numero raddoppia, dunque raddoppia anche la fetta delle pensioni in proporzione al prodotto interno lordo”.
E’ più di un campanello di allarme. E’ una sirena che annuncia bombardamenti sulle nostre certezze e sul futuro dei nostri figli (e dei loro). Serve una nuova riforma delle pensioni? L’argomento è diventato persino stucchevole. Dal 1995 a oggi se ne sono susseguite almeno una decina. Ma continuare su questa strada – ripensare ogni anno o due a una riforma previdenziale – non ci porterà a risolvere il problema.
Il problema delle pensioni si risolve con più lavoro e più figli. Ogni tanto guardiamo a Francia, Germania, Svezia, come esempi virtuosi, tranne poi non imitarne le politiche di sostegno alla famiglia. Il “Family Act” va in questa direzione. Ma la velocità e l’intensità dell’intervento dovrebbe essere più forte. Dando vita al Next Generation EU, la Commissione europea ha chiarito che almeno 22 miliardi di euro dovrebbero essere investiti dagli Stati per sostenere l’occupazione giovanile, rendendo più efficiente l’istruzione e la formazione professionale.
Ci vogliono fondi aggiuntivi. Ed ecco la seconda riflessione che avevo suggerito la settimana scorsa. In attesa del Recovery Plan, si potrebbe costituire un Fondo per la ripresa delle nascite e per il futuro dei giovani. La scorsa settimana avanzavo un’ipotesi che intercettasse le mancate spese di “quota 100”, oggi aggiungerei l’emersione di quelle mancate spese che vengono dai dati Inps valutati da Brambilla e Mundo. Risparmi di spesa che devono diventare fondo di investimento per favorire l’occupazione e per sostenere le politiche familiari e le nuove nascite. Solo con nuove risorse (il capitale umano e il reddito da lavoro) potremo dare futuro alle pensioni.
Fonte: Libero Economia