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Non è con meno dipendenti che gli uffici statali ripartono

La notizia potrebbe essere che Fabrizio Barca la pensa più o meno come Renato Brunetta. Il teorico delle organizzazioni complesse, e per qualche tempo tra i candidati nel perenne traghettare del Pd verso il suo futuro, concorda con il ministro Brunetta sulla necessità di dotare la Pubblica Amministrazione dei “migliori talenti in circolazione”, e comunque sulla necessità di “tornare ad assumere” come si legge in un’intervista di questi giorni su “l’Espresso”.

Dati alla mano – e accantonate le sterili polemiche sui “fannulloni” – mancano 740mila lavoratori tra i pubblici dipendenti. Non sono speculazioni sindacali sul differenziale tra assunti e piante organiche, ma vero e proprio fabbisogno, così come lo identificano Anpal e Unioncamere nella periodica elaborazione del “Sistema informativo Excelsior”, dedicata alle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2021-2025)”. Insomma non c’è da stracciarsi le vesti di fronte al programma di Renato Brunetta. Anzi. Ricordando che c’erano un milione di dipendenti in più dieci anni fa, il ministro Brunetta ha confermato la volontà di ripristinare il turnover al 100% e non solo: “Il mio sogno sarebbe che per uno che esce ne faccio entrare due. Dieci anni fa erano anni di tagli e abbiamo anche tagliato male. Dieci anni di blocco del turnover non possono che impoverire la qualità del capitale umano”.

Di più, è una sfida che si gioca contando sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, con le risorse del Recovery Plan. Ha aggiunto in questi giorni Brunetta: “Sceglieteli con contratti a termine tre anni più due, cinque anni, e poi si vede. Il patto con i sindacati del 10 marzo scorso serve a coinvolgerli in questa strategia, se questi 200 miliardi in arrivo dall’Europa non vengono spesi bene non ce li danno, per spenderli bene serve capitale umano efficiente e formato. Abbiamo qualche migliaio di dottorati di discipline tecniche che non trovano lavoro, economisti, ingegneri gestionali: il mio sogno è quello di prenderli tutti per farli entrare nella Pubblica Amministrazione”.

E di questi tempi, di ripresa e di resilienza, dovremmo evitare come la peste la frequentazione dei luoghi comuni. Basta con le tiritere sui fannulloni, basta con l’idea che la nostra Pubblica Amministrazione sia troppo ricca di dipendenti (in Europa la media dei dipendenti pubblici vale il 16% del totale della forza lavoro, in Italia siamo poco meno del 14%). E basta con le contrapposizioni Nord-Sud.

All’annuncio di Brunetta sul concorso per 2800 assunzioni nelle amministrazioni pubbliche in alcune Regioni del Sud è scoppiata la polemica di alcuni sindaci del Nord (del Nord Est, in verità). Brunetta ha già risposto quasi per “fatto personale”, anzi, per fatto territoriale. Di origine, di provenienza. Ma è facile dimostrare che la densità dei dipendenti pubblici è di gran lunga maggiore nelle aree a statuto speciale: in Valle d’Aosta, e nelle province autonome di Trento e Bolzano. Valori superiori alla media nazionale anche in Friuli-Venezia Giulia, con l’aggiunta della Sardegna. Nulla che giustifichi il riflesso pavloviano del Nord contro il Sud, o viceversa.

Al Nord, per ogni mille abitanti ci sono 12,1 dipendenti nel comparto sanità: medici e infermieri, ma anche tecnici di laboratorio, amministrativi, operatori socio sanitari. Al Sud la media si abbassa drasticamente, sino a 9,2 dipendenti ogni mille residenti. Se la Puglia avesse avuto le stesse risorse dell’Emilia Romagna e avesse, quindi, potuto mantenere lo stesso rapporto dipendenti/residenti, oggi avrebbe 16.662 medici, infermieri, amministrativi in più.

Ha poco o nessun senso riproporre la contrapposizione Nord-Sud, anche sfogliando i dati della Ragioneria Generale dello Stato, raccolti dalla Svimez: le regioni ordinarie del Nord hanno un numero medio di addetti per 1.000 abitanti nel comparto «funzioni locali» (Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni) pari a 7,3, contro 6,1 del Sud. Il blocco del turnover ha colpito soprattutto gli enti locali del Mezzogiorno: il calo dell’occupazione è stato del 27% nelle regioni a statuto ordinario e del 18,6% in quelle del Nord. Se guardiamo al settore pubblico allargato, delle partecipate locali, il divario si allarga ancora: la quota di addetti al Sud è tre volte minore rispetto alla media nazionale.

Poi il problema è rendere il capitale umano efficace e produttivo. Ma questo è un compito di chi dirige la Pa. A partire da chi ha la responsabilità politica dell’amministrazione.


Fonte: Libero Economia