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La battaglia del coprifuoco ricordando Giorgio Gaber

La battaglia del coprifuoco ricordando Giorgio Gaber

Giorgio Gaber con una canzone ha sancito la fine dell’opposizione – risibile – tra destra e sinistra. Più o meno trent’anni fa. L’ideologia è evaporata, ma in tanti politici resta quasi un tic nervoso, un riflesso pavloviano, per il quale dividersi è sempre opportuno, anche quando – forse soprattutto – non ci sono ragioni.

La lite sull’orario del coprifuoco fa impallidire l’opposizione tra minestrina (di destra, Gaber dixit) e il minestrone (di sinistra). Intendiamoci, il tema della ripresa dei consumi, dopo la sofferenza immane imposta a tutti i commercianti, specialmente quelli della ristorazione, è di tutto rispetto. Ed è comprensibile che dopo mesi di chiusura e di fatturato inesistente si debba cogliere ogni opportunità per tornare a lavorare.

Non sorprende che le categorie coinvolte protestino e urlino le loro rivendicazioni. E’ più ridicolo che i partiti e i leader politici si sfidino a duelli per la preferenza indicata alle 22 o alle 23, per l’inizio del coprifuoco. Finiremo per vederci schierati e contrapposti tra coloro che vogliono l’aspirina e quelli che vorrebbero imporre la tachipirina. I più sprovveduti hanno chiamato in causa il Cts, peccato che in queste ore si sia fatto sapere ufficialmente che conservare il limite del coprifuoco alle 22 non è un’indicazione del Comitato tecnico-scientifico, che non è stato mai consultato su questo specifico aspetto che, si sottolinea nel Cts, “è sempre stata una decisione politica”. Di certo il virus non porta l’orologio. E i virologi, a denti stretti, hanno dovuto ammetterlo.

Insomma, tolta la foglia di fico dei super tecnici, si è capito che l’orario del coprifuoco è solo una scelta politica. E non poteva che essere così. La politica serve anche a questo, a indicare il limite (50 chilometri orari nei centri urbani, è la velocità massima consentita: sicuri che non potrebbe essere 55? O meglio spostarla a 45?). Il legislatore e l’amministrazione che governa si devono assumere l’onere di tracciare qualche linea, a costo dell’opinabile. Dai partiti e dai loro leader è lecito aspettarsi qualcosa di più. Talvolta si evoca la necessità di “visione”. Basterebbe uno sguardo che superi il cortile.

“Fare il bagno nella vasca è di destra; far la doccia invece è di sinistra”. Gaber continuava nel suo tormentone irridente tra destra e sinistra. E poi aggiungeva: “L’ideologia, l’ideologia/Malgrado tutto credo ancora che ci sia/È la passione, l’ossessione della tua diversità”. Ecco vorremmo sperare che la passione dei nostri politici si applichi a temi più decisivi – l’orario del coprifuoco? –  per il nostro presente e per il nostro futuro. E’ chiedere troppo?