Vale più di 23 miliardi di euro in deficit, per ognuno dei tre anni a venire, la manovra finanziaria definita dalla Legge di Bilancio 2022. Più o meno il costo delle cattive scelte di politica economica ereditate dai due Governi Conte, in buona parte riproposte dall’attuale Governo “dei migliori”.
La famigerata “quota 100” per l’uscita anticipata dal lavoro è costata circa 11 miliardi. Più o meno 9 miliardi quelli spesi (ogni anno) per finanziare il Reddito di cittadinanza. Più o meno un miliardo è il costo delle truffe accertate ai danni dello Stato per lo spregiudicato utilizzo del Superbonus 110%. Più difficile quantificare il costo della mancata estrazione di gas dai ricchi giacimenti in Adriatico, che oggi ci costa 2-3 miliardi per calmierare i rincari delle bollette, ma che è destinato a strutturarsi ben oltre questa soglia.
In un’azienda ci sarebbero gli estremi per un’azione di responsabilità per i cattivi amministratori. Si sa che la politica funziona diversamente. Gli errori dei politici e dei partiti dovrebbero essere sanzionati dagli elettori, negando loro la fiducia per il futuro. Ma la memoria degli italiani è corta. E il raziocinio non sempre adeguato alla necessità: d’altronde più di tre milioni di nostri connazionali sono convinti che la Terra sia piatta.
Questi 23-24 miliardi che ci sono costate scelte politiche sbagliate (per pensioni, politiche attive per il lavoro, energia) le pagheremo noi, tutti. E chi ce li ha imposte continuerà a concionare impunemente di “povertà abolita” e di giustizia sociale. E di ambiente preservato, anche se a costi insostenibili. Se per mitigare gli effetti del costo della transizione energetica si devono mettere a bilancio 2-3 miliardi all’anno, che senso ha avuto fare la battaglia “estetica” contro le trivelle nel mare Adriatico?
La sventurata scelta dei “grillini”, ininterrottamente al governo da tre anni e mezzo, somiglia per indole, a quella dei nemici del nucleare domestico: c’è una lunga tradizione di antagonismo ideologico, che arriva ai no-Tav e ai no-vax. Come è accaduto ai tempi in cui è stata maturata la scelta di evitare la produzione di energia dalle centrali nucleari, finendo per favorire i vicini europei (Francia in testa), così il blocco delle trivelle nell’Adriatico ha finito per regalare vantaggi ai nostri confinanti d’oltremare (dalla Croazia all’Albania, dal Montenegro alla Grecia) che hanno continuato indisturbati a succhiare metano dai giacimenti che noi ci siamo rifiutati di utilizzare.
Ci sono almeno 120-130 miliardi di metri cubi di metano nei giacimenti sotto il mare Adriatico. Largamente inutilizzati, almeno dagli italiani, che ne estraggono solo 3-4 l’anno, a fronte di un consumo di circa 70. Quello che manca viene acquistato dalla Russia, dal Qatar, dall’Algeria, aggiungendo al debito una pericolosa dipendenza da Paesi che non sempre danno affidamento, in relazione allo scacchiere diplomatico internazionale.
E’ come essere seduti su un tesoro (valore stimato di circa 150 miliardi di euro) che lentamente ci viene sfilato da altri, senza che noi ne facciamo uso. Ci sono impianti di nuova estrazione bloccati nell’Alto Adriatico, in Emilia-Romagna, al largo di Ravenna e Comacchio, nelle Marche al largo di San Benedetto del Tronto e Alba Adriatica, e sulle coste pugliesi.
Il caso delle trivelle riemerge in questi giorni in cui si cerca di tamponare il rincaro della bolletta energetica per imprese e famiglie: invece di estrarre metano da dove è possibile si è persino ipotizzato un contributo di solidarietà che avrebbe sottratto risorse ulteriori a coloro che già offrono il maggiore contributo fiscale per lo Stato.
E continuiamo a subire senza scandalo i nefasti effetti di scelte che non hanno alzato le soglie di sicurezza (l’eventuale fuoriuscita di radiazioni non si fermerebbe al confine francese) o di protezione ambientale (oltremare estraggono metano indisturbati), ma che hanno solo svantaggiato la competizione del nostro Paese e sottratto risorse ai cittadini, attraverso un prelievo fiscale sempre più invadente.
Fonte: Libero Economia