La concorrenza fa bene. Ne eravamo convinti anche prima della relazione che Roberto Rustichelli, presidente Antitrust, ha consegnato pochi giorni fa al Parlamento. Ne eravamo certi anche quando i taxisti hanno messo a ferro e fuoco il centro di Roma, nell’indifferenza delle Istituzioni e con l’orrore comprensibile dei turisti.
Poi, complice la crisi di Governo, i taxisti hanno revocato lo sciopero, scegliendo di aspettare tempi migliori per far sentire la loro voce forte e aggressiva. Come i giapponesi nelle isole del Pacifico, dopo la fine della Seconda guerra mondiale i taxisti ritengono che le loro sorti siano indipendenti dalle condizioni della storia e del mondo. Si scagliano contro Uber come contro la causa dei loro mali. Noi siamo il Paese che si affeziona alle anomalie, ritenendole un pregio, quando spesso sono solo un difetto. Siamo l’unico Paese europeo dove Uber non ha trovato spazio di crescita concorrenziale, tollerando le varianti anomale degli Ncc (Noleggio con conducente). Siamo l’unico Paese al mondo dove le concessioni balneari si ereditano di padre in figlio, magari nell’opacità di infiltrazioni criminali, sottraendo alla competizione e al servizio migliore la qualità di cui avrebbero diritto i consumatori. Siamo l’unico Paese al mondo dove i servizi locali sono affidati ad aziende che dimostrano incapacità di gestione e inefficienza ai confini con l’indegnità. Gli esempi di Roma – da Ama ad Atac – sono forse i più scandalosi, ma non gli unici nel panorama nazionale.
Eppure, non mancano le prove che la concorrenza fa bene. Resta pur sempre la “condizione irrinunciabile per assicurare che il mercato crei ricchezza e, al contempo, generi benessere per i consumatori e contribuisca alla giustizia sociale” come ha detto Rustichelli. “E’ una tutela sempre importante, ma ancor più necessaria quando il potere di acquisto si riduce, per cui è indispensabile contrastare eventuali condotte collusive o sfruttamenti abusivi del potere di mercato che potrebbero amplificare ulteriormente gli effetti negativi delle dinamiche inflazionistiche”.
“L’Autorità ha più volte ribadito – ha proseguito Rustichelli – che i vantaggi della liberalizzazione per i consumatori finali, anche in termini di prezzi più bassi e conseguenti risparmi, potranno pienamente dispiegarsi solo in un contesto di effettiva concorrenza tra gli operatori. Al contempo, solo se i consumatori si fanno parte consapevole e attiva nello scegliere le offerte più convenienti nel mercato si possono innescare reali dinamiche concorrenziali”.
Liberalizzazioni e concorrenza hanno fatto bene allo sviluppo del mercato della telefonia (mobile e non solo), rendendo trasparenti e convenienti le tariffe. Lo stesso potremmo dire per il mercato del trasporto ferroviario. L’ex monopolista Ferrovie dello Stato – almeno nell’alta velocità – ha dovuto confrontarsi con un competitor (Italo) che ha favorito lo sviluppo e la qualità del servizio e la concorrenza anche nei prezzi. Il business si è moltiplicato con soddisfazione degli investimenti, dell’occupazione e della clientela.
I dipendenti di Fs o di Telecom (Tim) dovrebbero considerarsi figli di un dio minore rispetto ai taxisti? Non hanno fatto subire la loro violenza ai cittadini e ai turisti; quindi, sono stati degni di trattamenti peggiori, sacrificabili sull’altare della concorrenza?
La spiaggia su cui si è arenato il Ddl Concorrenza non è degna di un grande Paese, a prescindere dal Governo che lo rappresenta. È una spiaggia dove taxisti e balneari credono di potersi opporre ai diritti dei loro clienti. La libertà dei consumatori vale più dell’inquilino di Palazzo Chigi.
Fonte: Libero Economia