Ma la riforma della Pubblica Amministrazione è stata fatta o no? A ogni campagna elettorale si spendono ricette per “sburocratizzare” i processi amministrativi; a ogni nuovo Governo si indicano percorsi di riforma che sembrano risolutivi. Poi ci ritroviamo a fare i conti e a verificare che anche per il Pnrr la Pa non riesce a spendere quello che potrebbe gestire. Che il Governo sia dei Migliori (cioè Draghi & co.) o dei neofiti (di certo non si può imputare al Governo Meloni il ritardo sul Pnrr) resta il problema: dalla Pa esalano odori di muffa. Incompetenza? Scarso rinnovamento? Invecchiamento?
Non a caso i giovani la guardano con diffidenza. Non è vista come il posto adatto per lavorare con soddisfazione, inadatta per chi voglia far carriera. È il ritratto che esce dal sondaggio contenuto nel rapporto FuturAp 2022 sul “futuro e l’innovazione dell’amministrazione pubblica”, condotto dall’Università Cattolica.
Obiettivo lavoro per i giovani e percezione della Pa, sempre presso i giovani, sembrano due mondi che non si toccano. Il 46% degli intervistati (laureati e laureandi della Cattolica) ritiene infatti che valorizzare le conoscenze e le capacità del lavoratore non sia importante per la Pa, mentre l’86% ricerca questa caratteristica nel proprio lavoro ideale. Non solo. Un management di alto livello professionale e che ascolta i dipendenti è importante rispettivamente per il 65% e l’84% degli intervistati, mentre solo il 33% e il 30% ritiene di poter trovare gli stessi valori nella Pa.
Il “posto fisso” è l’unica attrattiva residuale. L’80% dei giovani guarda con speranza a una occupazione non precaria e più o meno la stessa percentuale pensa che solo la Pa oggi possa offrirla. Insomma, se si può si cerca qualcosa di più “appealing”. Se proprio non c’è altro di meglio si ripiega sul “posto fisso”. Il fenomeno della “Grandi Dimissioni” in Italia si manifesta, anche se in proporzioni minori rispetto agli Stati Uniti. La mobilità nel lavoro non è cosa per gli italiani. Ma molti ci sperano e magari frugano esperienze all’estero.
Il problema è serio. Non da oggi. Ma soprattutto oggi, di fronte alla sollecitazione riformatrice – richiesta dagli impegni del Pnrr – l’occasione per innovare ci sarebbe. O ci dovrebbe essere. La possibilità di fare carriera è fondamentale nel lavoro ideale per la quasi totalità degli intervistati (93%), ma solo il 41% conta di ritrovarla nella Pa. Con l’innovazione va anche peggio: solo il 24% ritiene che la Pa possa essere innovativa. Gli sforzi coraggiosi compiuti da Renato Brunetta – nel Governo Draghi – o non hanno sortito effetto o non sono stati percepiti. C’è da temere che sia accaduta la prima eventualità, vista la perdurante lentezza nella spesa delle risorse del Pnrr. Nonostante le dichiarazioni trionfanti dell’allora ministro Giovannini, solo 12 dei 42 miliardi disponibili sono stati trasformati in cantieri. Troppo poco. E certamente non per colpa del Governo di centro-destra.
La Pa nel suo complesso – anche se sarebbe sempre bene ricordare che si deve parlare al plurale: le Pubbliche Amministrazioni sono tante e diverse, Comuni e Regioni si comportano in discreta autonomia, ma con esiti ahimé mediamente assai insufficienti – continua a collezionare promesse, realizzando pochissimo di quanto annunciato.
I curatori della ricerca della Cattolica hanno suggerito che parte del problema riguardi lo storytelling. È vero che qualche pezzo di Pa è migliorato. Basta raccontarlo o bisogna toccarlo con mano? I buoni racconti fanno la differenza quando il rischio di incontrare le negatività è basso. Fino a quando la percentuale di criticità è alta è difficile distinguere tra storytelling e favole.
Fonte: Libero Economia