È vero che la XIX Legislatura è nata da una campagna elettorale inusuale, in piena estate – e da un voto altrettanto “unico”, appena settembrino – con un Governo in innaturale rincorsa per definire in tempo utile la Legge di Bilancio. Tutto in fretta e furia. Ma è anche vero che ormai quasi alla fine di gennaio la gran parte della pletora di Commissioni parlamentari – bicamerali, d’inchiesta, di indirizzo vigilanza e controllo – non sono ancora insediate.
Un bene? Un male? Più semplicemente rischia di essere la dimostrazione che in molti casi il ruolo delle Commissioni – al netto di quelle permanenti, ovviamente – coincida con il micropotere di chi le presiede e di chi le compone. E probabilmente lo stesso peso specifico delle stesse commissioni dipende in gran parte dall’autorevolezza di chi le guida: nel mio ricordo – quando ero al vertice dell’Inps mi è capitato talvolta di essere “audito” dalla Commissione bicamerale di controllo sull’attività degli enti di previdenza – non conservo interventi memorabili, se non qualche pressione indebita e qualche ostentata suggestione muscolare da parte di chi ebbe l’occasione di presiedere la Commissione.
Secondo l’analisi fornita da Openpolis nel corso della scorsa Legislatura, considerando la data reale di costituzione, le commissioni “speciali” hanno lavorato in media 6 ore al mese. La media però è influenzata dalla commissione sul sistema bancario, che in soli tre mesi di attività si è riunita per 156 ore (con una media di 52 ore al mese). Escludendo questa, infatti, la media di lavoro delle commissioni supera di poco le 5 ore al mese. Una mezza giornata al mese.
I numeri sono implacabili anche se a volte insufficienti a spiegare i fenomeni. È certo che si tratta di un bilancio che non rende preoccupante la mancata costituzione della gran parte delle commissioni “non permanenti”, che sono vacanti, anche su materie apparentemente vistose e impegnative. Non c’è ancora la Commissione di Vigilanza Rai e nemmeno la Commissione Antimafia (meglio evitare le possibili battute sui recenti risultati anti-mafia, anche senza commissione). Potrebbe essere un’occasione per razionalizzare i lavori del Parlamento, che da questa Legislatura, come noto, conta su un terzo di parlamentari in meno e soffre, non da oggi, di quella “deparlamentarizzazione” che ha finito per attribuire al Governo la quasi totalità dell’iniziativa legislativa.
Sul sito della Camera sono indicate solo due Commissioni bicamerali e di inchiesta già insediate; il sito del Senato ne ricorda solo una. Poca roba rispetto alla pletora che abitualmente ha distinto negli ultimi anni i lavori del Parlamento. Istituite con legge, le Commissioni di indirizzo vigilanza e controllo svolgono funzioni “peculiari” in relazione a settori o materie specifiche, non sempre altrettanto “peculiari”. Dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza alla Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen e di vigilanza sull’attività di Europol.
La democrazia – si sa, da Churchill in poi – è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora. E la democrazia ha le sue ridondanze. Le commissioni parlamentari sono anche questo? Probabilmente sì, ma oltre che costituire una Commissione speciale sulla semplificazione (sì c’è stata anche questa commissione consultiva istituita nella scorsa Legislatura) forse si potrebbe tenere in conto l’idea di semplificare anche il panorama delle Commissioni parlamentari. Magari si potrebbe guadagnare in efficienza e in qualità della produzione legislativa.
Fonte: Libero Economia