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Lo scandalo è la malagiustizia non le pagelle ai magistrati

Beniamino Zuncheddu, libero da pochi giorni, che voto avrebbe dato al magistrato che gli ha fatto passare 32 anni di carcere, per errore? La Corte di Appello di Roma, tre anni fa, aveva riconosciuto come legittima la richiesta dell’avvocato di Zuncheddu di procedere a una revisione del processo che lo aveva visto colpevole per l’uccisione di tre pastori in Sardegna. Anche per questi tre anni di ritardata liberazione il voto per i magistrati competenti potrebbe non essere altissimo.

Parliamo di voti ai giudici non a caso. In questi giorni si è dato il via libera alla cosiddetta “pagella” del magistrato. La norma, contenuta nella riforma Cartabia, richiedeva un decreto attuativo per diventare operativa. Quindi voti per tutti? Sì e no. La prima valutazione la potremo avere tra quattro anni, tanto è il tempo previsto dalla legge per compilare il primo giudizio. Palla lunga e attesa certa.

Ma l’urgenza c’è tutta. Nel 2022, lo Stato ha dovuto pagare 27 milioni di euro per risarcire 539 casi di ingiusta detenzione. Mentre, per gli errori giudiziari dal 1991 al 2022, il costo totale per lo Stato è stato di oltre 76 milioni di euro. È come se ogni anno lo Stato pagasse un biglietto da circa 2,5 milioni di euro per gli errori giudiziari. Un biglietto molto scontato (i danni provocati per le sentenze sbagliate sono di molto più onerosi e comunque pagati in media dopo tre anni dal diritto acquisito), ma pur sempre indicatore di un problema serio, che riguarda l’efficienza e la credibilità del sistema giudiziario. E nello specifico la mancata valutazione dei magistrati che sbagliano. Usando i dati ufficiali del Ministero della Giustizia l’Aivm stima che negli ultimi anni ci siano stati 700mila procedimenti che hanno violato le normative esistenti.

Nel tempo della meritocrazia invocata ed esibita perché i magistrati dovrebbero essere sottratti a una valutazione rigorosa sulla loro efficienza e sulla qualità dell’amministrazione della giustizia?

Scontata l’ostilità dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), che sembra trascurare il fatto che un terzo dei detenuti italiani è in attesa di giudizio, quindi innocenti a norma di Costituzione. Negli ultimi 25 anni oltre 26mila italiani hanno subito un periodo di ingiusta detenzione. Più di mille all’anno.

Da anni la Banca Mondiale e il Consiglio d’Europa mostrano dati impressionanti per l’Italia e ci dicono che tribunali inefficienti sono fra i fattori principali che rendono difficile fare impresa in Italia. Nell’ultima edizione del Rapporto della Banca Mondiale l’Italia si colloca al 122esimo posto su 190 paesi per la categoria “Tempo e costi delle controversie”. Il problema sono i tempi.

Il Rapporto redatto dal Consiglio d’Europa ribadisce due cose molto chiare: la prima riguarda la durata media dei processi: 2.656 giorni per i tre gradi di giudizio, ossia sette anni e tre mesi. In Francia e Spagna i processi durano la metà (poco più di tre anni), in Germania circa un terzo (2 anni e 4 mesi). In Europa siamo all’ultimo posto dopo la Grecia.  Per chiudere una causa civile, dunque, possono volerci in media fino a 15 anni. Responsabilità dei magistrati, della loro capacità di giudizio, della loro quantità di lavoro, o della organizzazione degli uffici giudiziari? L’esperienza ci dice che ci sia di tutto un po’. Certamente non ci si può stupire se la malagiustizia (e le lentezze del sistema giudiziario) sia considerata una delle ragioni principali per cui l’Italia non viene ritenuto un Paese dove investire (o almeno non investirne quanto si potrebbe). Il principale ostacolo, rilevato dal 69% degli intervistati di una recente indagine Ey, è l’incertezza regolatoria, seguita per il 65% del campione da un eccessivo rischio di contenzioso per le imprese.

Fonte: Libero Economia