Nonostante la stagione non sia ancora quella delle vacanze estive, i balneari sono tornati prepotentemente alla ribalta. La sollecitazione del Capo dello Stato ad adeguare le norme sulle concessioni alla direttiva europea ha riaperto un tormentone che erroneamente sembra riguardare solo il Governo Meloni. In verità l’attuale Esecutivo, in buona compagnia e continuità con i suoi predecessori – come ha ricordato anche Luciano Capone sul Foglio – mostra un interesse probabilmente eccessivo per molte corporazioni. I titolari di concessioni balneari, così come i taxisti, sembrano meritevoli di un’attenzione simile a quella rivolta (malamente) ai nativi americani. In quel caso le riserve si sono rivelate prigioni, in questi casi – per balneari e taxisti – un’opportunità di guadagno senza gare e senza concorrenza.
Sarebbe il caso di rammentare preliminarmente che i cittadini – utenti dei servizi in concessione – dovrebbero essere il primo pensiero per chi governa l’economia, almeno nel perimetro dei servizi pubblici. Anche la concorrenza non è di per sé un totem, ma semplicemente la modalità più efficace per assicurare servizi migliori e a prezzi più bassi. Lo abbiamo imparato anche in Italia nei mercati della telefonia e del trasporto ferroviario (non locale!).
Ma restano ampie zone grigie, o nere. Come il trasporto pubblico locale, sottratto alla concorrenza per difendere interessi di pochi, garantendo il disagio per molti. Per i taxisti, a parole, il Governo si era speso con il decreto “Asset”, rivelatosi inconcludente anche per il freno imposto a livello locale. Come è successo a Roma: le licenze sono le stesse, e così saranno almeno fino al Giubileo (cioè nel 2025), come ha annunciato il sindaco. Altri due anni di attesa, in coda, a Termini o a Fiumicino.
Intendiamoci, nessuno ce l’ha con i taxisti o con i balneari, con la loro attività, con le loro legittime aspettative di guadagno. Vorremmo solo che qualcuno si preoccupasse dei cittadini, milioni di utenti che negli spostamenti urbani restano vittime di un mercato strozzato; o milioni di vacanzieri che – chissà perché – risultano sempre più attenti alle offerte dei litorali vicini, dalla Spagna alla Croazia, dalla Grecia all’Albania, dove l’accesso al mare è meglio organizzato, molto spesso libero, e con prezzi più ragionevoli di quanto accada in Liguria o sul litorale laziale.
Perché è così difficile adeguarsi all’idea della gara per assicurarsi una concessione pubblica? Indennizzi, ristori, aiuti finché servono, ma poi liberalizzare.
Possibile che continui a prevalere l’idea di coltivare piccoli orti elettorali, da blandire con norme “dedicate”? Finisce per essere stucchevole seguire il progetto di mappatura dei litorali, così come appare improvvida la decisione di ridurre del 4,5% il canone (anche se la norma che lo ha consentito non è farina del sacco di questa legislatura e quindi frutto di tutt’altra maggioranza parlamentare).
La cura per vecchie e nuove corporazioni sarà anche figlia di una macchina elettorale che ha sottratto ai cittadini la libertà di esprimere preferenze, restringendo il dialogo della politica a singole categorie, più o meno numerose. Dalla fine dei corpi intermedi alla rinascita delle corporazioni il passo è stato brevissimo. Ma è un passo, anzi un salto all’indietro nel tempo. Le corporazioni medievali erano effettivamente corpi intermedi “progressisti”, cioè soggetti che mediavano i rapporti tra cittadini (che praticavano “arti e mestieri”, quando il lavoro aveva un valore riconosciuto ben prima delle carte costituzionali) e Istituzioni pubbliche (parlare di Stato era forse prematuro). Oggi, in un mondo formalmente disintermediato da web e social, si ripropongono come community conservative, come in fondo tutto il web e il mondo social.
Fonte: Libero Economia