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TROPPI COMMISSARI PER LE GRANDI OPERE? IL TRIONFO DELLA DISCREZIONALITÀ

GRANDI OPERE L’ITALIA DEI COMMISSARI E DELLA DISCREZIONALITA’

L’Italia è un Paese di commissari. Non mi riferisco ai commissari tecnici, non parlo di calcio, almeno in questa occasione. Non sarebbe una sorpresa: gli italiani sono tutti commissari tecnici, tutti sanno che formazione schierare in campionato.

Parlo di commissari alle opere pubbliche, più in generale a ogni iniziativa che si ritenga “necessaria” e impraticabile per via ordinaria.

Già questo mi sembra curioso. Le eccezioni servono per ribadire le norme, non il contrario. Se l’eccezione diventa norma, sarebbe più salutare cambiare la norma. Non mi riferisco a Domenico Arcuri, definito spesso “commissario a tutto”: non voglio polemizzare con le persone, ma contestare un metodo.

Ogni giorno vedo lamentazioni sulla stagnazione delle opere pubbliche, persino di quelle finanziate, pronte per essere varate, ma sempre impigliate in qualcuna delle procedure barocche amplificate dal poco commendevole Codice degli appalti.

Mentre ci si flagella per il blocco delle opere (c’è chi stima abbiano un valore di 200 miliardi di euro: ne basterebbe un quarto per muovere un’economia asfissiata come la nostra) si evoca l’eccezione del commissario. Ci vuole un modello commissariale per tutto. Così è stato per Expo a Milano, nel 2015. Così è stato per la ricostruzione del ponte sul Polcevera a Genova, dopo il crollo del ponte Morandi.

Genova deve diventare il modello per ogni grande opera. Bene! Ma non sarebbe meglio cambiare le norme sulle opere pubbliche?

La logica del commissario “straordinario” sta nell’aggettivo: e nel conseguente concetto di discrezionalità che lo accompagna. Oltre che di malinteso spirito di squadra che si genera dall’individuare degli eccezionali manager da arruolare nell’elenco amico. In questi giorni si sta litigando – tra i tanti motivi di litigio – sulla lista delle opere pubbliche urgenti, cioè quelle meritevoli di un “commissario”. Un paradosso poco denunciato: se ci vuole una lista di commissari forse vuol dire che la legge vigente non è adatta a regolare l’esecuzione delle grandi opere. Ma una nuova norma sottrarrebbe le scelte dalla discrezionalità imperante.

Stiamo vivendo una stagione di democrazia ottriata, benevolmente concessa dall’alto.

Intendiamoci, anch’io ho avuto le mie piccole e grandi esperienze di commissario. Ma in fasi di transizione normativa. Qui non si vede alcuna transizione, alcun passaggio da attendere. Ma solo le clientele da soddisfare. E le inefficienze da procrastinare.