Go to the top

Consulta, Amato e la doppia morale dopo la fumata nera per Marini

Il dottor Sottile non si è smentito, nemmeno questa volta. Sulla decisione di indicare Francesco Saverio Marini alla Corte Costituzionale, Giuliano Amato non eccepisce nella sostanza, ma nella forma. Non contesta la candidatura di parte: “Questo è sempre accaduto” commenta. E certamente lui ne sa qualcosa, per diretta e indiretta esperienza. Ma per eleggerlo – sostiene – serviva una condivisione con l’opposizione.

Insomma, no alla lottizzazione “dura”, sì a una lottizzazione “dolce” e condivisa. Sottile, appunto. Ma condivisa in base a che cosa? A qualche scambio? Il negoziato su una candidatura in base a che cosa si dovrebbe svolgere? Sabino Cassese (uno che se ne intende) pochi giorni fa ha detto la sua: Marini ha tutti i titoli per essere candidato alla Consulta. Amato, da parte sua non lo smentisce. Ma resta la sorpresa di ascoltare il fervorino, sottile, ma pur sempre fervorino, di un uomo politico, di parte, di partito, che ha avuto parte in tanti Governi, due volte da premier, che grida allo scandalo sulla lottizzazione.

Ci vorrebbe Ennio Flaiano per immaginare un “marziano” a Roma, ma in questo caso Giuliano Amato non viene da Marte. Come nessuno di coloro che sono stati seduti – più o meno a lungo – sugli scranni dei giudici costituzionali. Da Augusto Barbera a Giovanni Maria Flick, da Gustavo Zagrebelsky a Giuliano Vassalli fino a Sergio Mattarella, nessun problema di “condivisione” se le candidature provengono da una parte politica; se invece le indicazioni provengono dall’altra parte si può chiudere un occhio se la nomina alla Consulta non rischia di creare problemi di maggioranza nell’alto organismo costituzionale. Insomma, vanno bene Mirabelli o Antonini, ma solo se “concertati”, senza mettere a rischio l’equilibrio finale.

Un po’ di stupore viene anche dal Centro destra, che di fronte a questa alzata di scudi contro Marini poteva (doveva?) fare qualcosa di più.

Le nomine alla Consulta – e non solo quelle di decisione parlamentare – sono sempre state ispirate da uno schieramento politico e culturale. Stracciarsi le vesti di fronte al “consigliere giuridico” della premier che senso ha?

Ricercare una verginità istituzionale in una democrazia “partitocratica” – ci manca molto, soprattutto in questi momenti, la feroce verità di Marco Pannella – è quasi ridicolo. Gli accordi politici sono sempre figli di un “dare e avere” che non viene quasi mai contabilizzato in trasparenza. Alla Rai o alla Consulta che differenza fa? Certo, la Corte costituzionale è una istituzione, ma la Rai merita così tanto di meno, per considerare lecita la lottizzazione? Talvolta le parole fanno paura perché nascondono prassi vergognose, che vengono prima della loro definizione.

La doppia morale è sempre poco raccomandabile, soprattutto quando viene invocata da personaggi politici che hanno mostrato solo una maggior capacità di navigazione nel mare (non sempre trasparente) della politica politicante. Questa sottile intemerata contro il Governo Meloni, da parte di Giuliano Amato, ha a che vedere con la sua recente sostituzione al vertice della Commissione sull’Intelligenza Artificiale?

Il dottor Sottile non ama gli affronti. Molti si erano chiesti che senso avesse nominare in quel ruolo un ultraottantenne (contro i suoi omologhi in Europa che non erano nemmeno quarantenni). E infatti il Governo lo scorso anno ha fatto retromarcia e ha deciso di sostituire Giuliano Amato con padre Paolo Benanti, presbitero francescano, teologo e consigliere del Papa sui temi dell’intelligenza artificiale e dell’etica della tecnologia. Se l’è legata al dito?

Fonte: Affari Italiani