L’Italia è un Paese bellissimo che fa di tutto per essere considerato sgradevole. Per fortuna molto spesso non ci riesce, nonostante gli sforzi. Sono reduce da una bellissima esperienza, un po’ sportiva, un po’ solidale, che non avrebbe dovuto produrre nessun retrogusto amaro. Il luogo: lo Stretto di Messina. L’occasione: una traversata a nuoto di un gruppo di amici romani, per promuovere una raccolta fondi per una importante donazione. Bellezza, mare, natura, solidarietà, sport: che cosa si può volere di più?
Partenza da Roma, con volo per Catania. Decollo con un’ora e mezza di ritardo. Non c’entra il super crash di Windows, è “solo” a “causa dell’intenso traffico”. Strano. A fine luglio è improbabile prevedere molte partenze e molti arrivi dallo scalo della Capitale d’Italia. Facciamo spallucce, l’obiettivo del week end è talmente bello che si sopporta il ritardo. All’aeroporto di Catania avevamo prenotato una vettura a noleggio per raggiungere Messina (dove non c’è un aeroporto). Ma il parcheggio dove stanno le auto è distante 400 metri dall’aerostazione. E non c’è nessun mezzo che colleghi l’uno all’altra. Dall’incendio di un anno fa (16 luglio 2023) nulla è stato fatto per garantire una adeguata ricostruzione del parcheggio multipiano dell’aeroporto Fontanarossa.
Si va a piedi, sotto il sole di questi giorni a una latitudine quasi africana. La processione è mista. Molti stranieri sbigottiti chiedono informazioni e spiegazioni. Noi, più avvezzi all’italianità, camminiamo e basta. I box delle compagnie di autonoleggio sono ospitati in container roventi, o sull’asfalto, con un banchetto sistemato tra una fila di vetture e un’altra.
Recuperata l’auto si parte per Messina. Sono 97 km. Tempo di percorrenza più di due ore, tra cantieri, deviazioni, strade chiuse: il navigatore non è aggiornato alla gimkana imposta dai lavori in corso, e non ci aiuta molto. Alle 13.30 abbiamo raggiunto l’albergo dove è previsto il pernottamento prima del giorno della “traversata a nuoto solidale”. L’appetito non ci manca, ma dobbiamo fare i conti con l’orario di chiusura del ristorante dell’hotel: dopo le 14 bisogna tassativamente aver finito il pranzo. Strano: pensavamo che in una località di mare, e al Sud, gli orari fossero diversi da quelli che ci si immagina in un paese della Valcamonica (e probabilmente sottostimo la flessibilità degli orari in Valcamonica).
La mattina del giorno dopo l’appuntamento è a capo Peloro. Un posto magico, appeso tra storia e natura, tra mare e monti. E soffocato dalla terribile anarchia urbanistica ed edilizia, con centinaia di edifici abusivi, i soliti parcheggi selvaggi, e la totale improvvisazione organizzativa. Ma guardiamo il mare. E tutto diventa più sopportabile. Basta non pensarci, e concentrarci sull’obiettivo al di là dello Stretto, sulla costa calabrese, a Cannitello. In meno di un’ora abbiamo concluso la nuotata solidale. Il tempo di festeggiare con un abbraccio e qualche foto e poi essere riportati a capo Peloro, questa volta con un gommone.
Stanchi (ma nemmeno troppo) e contenti rieccoci in albergo. Sempre sul filo delle 14. Pasto veloce e richiesta di spostare di qualche ora il check-out per usufruire delle camere della notte per poterci rinfrescare prima di tornare a Catania. Un check-out ritardato non è previsto. Le camere devono essere svuotate perché non ci sono camere disponibili, salvo poi scoprire che pagando una camera doppia per un’altra notte c’è, pagandola a prezzo pieno, e ne facciamo uso solo per il tempo di una doccia a turno. L’ospitalità pensavo dovesse essere un’altra cosa.
A ritroso, il giorno dopo, gli inconvenienti del giorno prima pesano di più. Due ore abbondanti di auto per 97 km. Più di 400 metri a piedi sotto il sole per raggiungere l’aeroporto dopo aver lasciato l’auto al parcheggio. Poi l’attesa nei locali dell’aerostazione, affollata tra accampamenti e temperature tropicali: l’aria condizionata non funziona adeguatamente. Troppe presenze, ovviamente imprevedibili in questo periodo dell’anno.
Solito ritardo prima del decollo, “a causa dell’intenso traffico”. Rieccoci a Fiumicino; l’attesa di mezz’ora per un taxi a questo punto è considerata normale. Nonostante ciò, l’Italia è un Paese bellissimo, e non si sa perché, tanti turisti ci vengono ancora a trovare. Certo, non come in Spagna o in Francia che da tempo ci hanno superato in presenze e pernottamenti. Chissà perché.
Fonte: Affari Italiani