Un recente rapporto dell’Ocse ricordava che negli ultimi 30 anni le retribuzioni medie sono aumentate in Germania del 33,7%, in Francia del 31,1%, in Olanda del 15,5%, solo per fare alcuni esempi, mentre soltanto l’Italia ha visto una riduzione del 2,9%. Non è mai tardi per intervenire, ma la fretta con cui il premier ha convocato i sindacati, promettendo un intervento sui salari, sembra più rivolta alle fibrillazioni politiche della sua grande maggioranza. Leggasi: i tormenti del M5S.
Eppure, proprio per poter sventolare una delle bandiere elettorali dei “grillini” (se ancora vale l’etichetta onnicomprensiva del comico genovese) – il reddito di cittadinanza (Rdc) – sono stati spesi in due anni più di 23 miliardi di euro. La cifra l’ha fornita il padre putativo del provvedimento, il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. C’è da credergli. Sarebbe utile fare qualche esercizio sulla possibile diversa destinazione di questa cifra mostruosa, che a detta di tutti gli osservatori non ha risolto il problema della povertà e ha acuito tutti i mali del mercato del lavoro.
Con 23 miliardi quale intervento sul cuneo fiscale sarebbe stato possibile? Quanti soldi in busta paga sarebbe stato possibile garantire ai lavoratori dipendenti e quali investimenti in più avrebbero potuto fare le imprese? Invece, dopo altri due anni di spesa facile – la continuità politica del Governo dei Migliori con i Governi dei peggiori è preoccupante – siamo ancora a organizzare incontri estivi per concertare provvedimenti ministeriali su salari e pensioni.
I provvedimenti “bandiera” si sono susseguiti – come nella peggiore tradizione italiana – anche in questa legislatura che alla fine si sta esaurendo, anche contro la voglia di coloro che farebbero ogni sforzo per rimandare un voto che probabilmente gli italiani avrebbero voluto e potuto esprimere alla fine dell’esperimento (infelice) del governo giallo-verde.
E il costo dei “provvedimenti bandiera” contabilizza cifre imbarazzanti. Oltre ai 23 miliardi del Rdc bisognerebbe rammentare anche il conto del bonus 110%. Le frodi sembravano oltre 4 miliardi a fine 2021, sono state fotografate in più di 5 miliardi poche settimane fa dalla Guardia di Finanza, potrebbero essere più di 6 miliardi. Un’altra “bandiera” del M5S (Giuseppe Conte lo ha definito il “nostro superbonus”) che è costata tanto. Troppo.
Intendiamoci, anche la “bandiera” della Lega – la famosa “quota 100” – è costata molto alle casse dello Stato. In diciotto anni, tra il 2019 e il 2036, l’introduzione di “quota 100” sarebbe potuto pesare per circa 63 miliardi di euro complessivamente. Per fortuna il provvedimento è durato solo tre anni e ha coinvolto molti meno lavoratori, rispetto alle previsioni. In gran parte lavoratori pubblici di fascia medio-alta. Quindi nessuna redistribuzione e solo spesa in più. Circa 9 miliardi di euro.
Insomma, sventolare bandiere sembra un gioco che fa perdere soldi – molti – allo Stato, quindi ai cittadini e lavoratori del Paese, costretti ad attendere l’ennesimo accordicchio tra Governo e parti sociali, per erogare una mancetta. In verità i provvedimenti bandiera, oltre che onerosi si sono rivelati anche “maledetti” per il consenso dei proponenti. M5S e Lega sono le forze politiche che più hanno visto ridursi l’area di sostegno. Hanno perso voti e sembrano destinati a perderne ancora.
Non sarebbe ora di prendere provvedimenti “a prescindere” dalle bandiere e dai rituali? Di che cosa c’è bisogno lo sanno in molti. I Migliori, con il loro Governo arrivato quasi al capolinea, potrebbero azzardare un colpo di teatro, se è vero che non vogliono correre per essere eletti. Mario Draghi potrebbe dare il buon esempio, decidere in solitudine e poi come Cincinnato, sottrarsi al popolo “risanato”.
Fonte: Libero Economia