Potrebbe non essere una buona notizia. Il Governo ha chiamato le tre confederazioni sindacali a riparlare di pensioni. Si ritroveranno a fianco a fianco Cgil, Cisl e Uil, dopo lo strappo di Landini e Bombardieri ai danni di Sbarra, che si è ritrovato messo all’angolo. Il segretario della Cisl è stato snobbato sia dalla maggioranza di Governo (il vicesegretario del Pd, Giuseppe Provenzano ha detto che bisogna riaprire il dialogo con il sindacato, dimenticando che la Cisl non lo ha mai interrotto), sia dallo stesso Governo (il ministro Stefano Patuanelli ha detto che sulle pensioni “bisogna ascoltare il sindacato” senza chiarire il fatto che la Cisl si è già sentita soddisfatta per l’ascolto ottenuto dal Governo).
Sarà un’altra tappa surreale di questo confronto che settimane fa era stato idealizzato come il tavolo di una nuova concertazione (sull’esempio del patto di Ciampi del 1993). Quale concertazione è possibile quando un terzo abbondante della rappresentanza sindacale si è disallineata? A prescindere da chi abbia torto o ragione è difficile parlare oggi del sindacato al singolare, ma occorrerebbe ammettere che siamo di fronte a una pluralità di posizioni, per lo più politiche, ma non nel senso invocato da Landini: “Diamo voce a chi sta male e a chi non vota”. Intestarsi la rappresentanza degli astenuti fa comodo a chi, facendo la conta dei propri tesserati – Cgil più Uil – non supera i 4 milioni di unità (tra i lavoratori attivi vuol dire più o meno il 15%).
Ma il vero nodo del problema è perché le organizzazioni sindacali debbano essere un interlocutore privilegiato delle politiche previdenziali proposte dal Governo e assunte dal Parlamento. Quota 100 è stata una sciocchezza, costosa, ma politicamente se l’è intestata un partito che oggi giustamente viene criticato per il suo errore. E potrebbe pagare dazio nel giudizio degli elettori. Gli errori e la demagogia del sindacato non sono mai sottoposti al giudizio delle urne.
C’è un problema serio di metodo democratico. E c’è un problema ancor più serio di futuro per il Paese. E’ perdente l’idea che si debba litigare per una fetta, sempre più piccola, di una torta destinata a vedere le sue dimensioni sempre diminuite. Eppure il dibattito suggerito dai sindacati – almeno quelli convocati a Palazzo Chigi – non si è mai lanciato ad affrontare le questioni serie che stanno sullo sfondo di qualunque politica previdenziale: il lavoro, e la crisi demografica.
Nei primi 9 mesi del 2021 le nascite in Italia sono 12.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2020, un calo quasi doppio rispetto a quanto osservato tra gennaio e settembre dell’anno precedente. Ancora un record negativo, dunque, per la natalità nel nostro Paese. È quanto emerge dall’ultimo bollettino dell’Istat “Natalità e fecondità della popolazione residente 2020”.
Di questo passo mancherà la base stessa per poter parlare di pensioni, perché verrà meno il minimo quantitativo di lavoratori per poter pagare le pensioni nel regime guidato dal sistema a ripartizione. Il sindacato – anzi, i sindacati – continua a guardare ai garantiti, magari a quelli un po’ meno garantiti, per portarli a un gradino superiore di garanzia, dimenticando tutti coloro che nemmeno riescono (né riusciranno) a sperare in un trattamento previdenziale purchessia.
Per certi versi è inevitabile che chi rappresenta i lavoratori attivi (e quelli già in pensione) abbia uno sguardo miope. Ai politici spetterebbe una capacità di visione molto più larga e lunga di quella di chi lotta per il presente. E nulla più del sistema previdenziale dovrebbe suggerire di pensare al futuro, ma non solo a quello della generazione in essere. Per affrontare la questione della previdenza occorre quello stesso spirito di lungimiranza richiesto dall’attenzione alla sostenibilità (ambientale e non solo). Sarebbe forse più auspicabile un confronto per le pensioni di domani, non tanto con Cgil-Cisl-Uil, ma con una Greta Thunberg (rivista e corretta)? Dovremmo certamente auspicare la fine di un “bla bla” politico-sindacale fatto di quote e di salvaguardie.
Fonte: Libero Economia