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Il turismo ripartirà ma l’Italia pronta a intercettarlo?

Il turismo ripartirà ma l'Italia è pronta a intercettarlo?

Se dipenderà dai Millennial il futuro del turismo planetario, qualcosa si dovrebbe preparare di nuovo e di diverso in Italia. Come si legge su traveldailynews.com ci potrebbero essere due fattori capaci di riaccendere il turismo internazionale ridotto al lumicino dall’emergenza sanitaria: i giovani Millennial e i viaggiatori con redditi elevati (oltre 100mila dollari) hanno dichiarato di voler spendere di più per i viaggi nel 2021 e di essere interessati maggiormente alla prenotazione di crociere, viaggi in solitaria o all’estero.
I Millennial (51%) si dicono, inoltre, più propensi ad acquistare un’assicurazione di viaggio nel 2021 rispetto al 2020, mentre solo il 30% dei viaggiatori più maturi intende acquistare una copertura assicurativa.
Le disponibilità economiche influenzeranno notevolmente le scelte di viaggio. Mentre due terzi dei viaggiatori si aspettano di rinunciare ai viaggi all’estero o alle crociere per almeno sette mesi o più, gli intervistati con un reddito medio di 100mila dollari o superiore si dicono già pronti a partire. Di questi, la metà dichiara di essere interessata a prenotare una crociera o un viaggio all’estero nei prossimi sei mesi.

L’Italia è un Paese turistico per giovani e per viaggiatori “ricchi”? Come si sta preparando – nel corso di questa crisi epocale – per intercettare i trend di una ripresa che prima o poi sarà, per fortuna, inevitabile? Ma sarà vera ripresa soprattutto per quei Paesi e quei sistemi che si saranno preparati per tempo per intercettare i nuovi flussi.

In Italia il turismolavoro a 4,2 milioni di persone e il nostro è il Paese europeo in cui le attività turistiche generano il maggior numero di posti, secondo il report di Eurostat ‘Tourism Satellite Accounts in Europe’, che nell’edizione 2019 sottolinea come il turismo abbia generato complessivamente 16,5 milioni di posti di lavoro in 15 Paesi dell’Unione europea. Proprio per questa incidenza sull’occupazione, la prima industria nazionale – il turismo (che vale oltre il 13% del Pil) – non può essere abbandonata come appare oggi. E non è vero che “mal comune mezzo gaudio”. E’ vero che il settore turistico globale ha perso 1.300 miliardi di dollari nel 2020 a causa delle restrizioni ai viaggi causate dalla pandemia Covid-19 (dati dell’Organizzazione mondiale del turismo Omt-Unwto, l’agenzia dell’Onu). Ma l’interesse del nostro Paese non può diluirsi nella crisi generale.

Il 2020 si ricorderà come il peggior anno della storia del turismo, con 1 miliardo di arrivi internazionali in meno nel pianeta rispetto all’anno precedente. Secondo gli esperti dell’Organizzazione mondiale del turismo, un numero compreso tra 100 e 120 milioni di posti di lavoro del settore sono a rischio, e molti di questi nelle piccole e medie imprese, il cuore e l’anima dell’industria dell’ospitalità.  E di quella italiana in particolare.

I dati del turismo nazionale sono durissimi: secondo la fotografia scattata da Isnart-Unioncamere, il 2020 si è chiuso con 78 milioni di arrivi e 240 milioni di presenze turistiche in meno in Italia a causa dell’emergenza Covid: un bilancio che riporta il turismo indietro di 30 anni. La fotografia di Isnart-Unioncamere è eloquente: il 2020 chiude con 53 miliardi di euro in meno rispetto al 2019 e per i primi tre mesi del 2021 si stima una perdita di ricavi di 7,9 miliardi di euro. Queste previsioni si innestano su alcune storiche fragilità del settore. Il sistema del turismo in Italia è composto da migliaia di aziende di tutti i tipi e dimensioni, accomunate da grandi professionalità unanimemente riconosciute nel mondo. Tuttavia, il settore soffre da sempre di una estrema polverizzazione, una fragile struttura patrimoniale della maggior parte delle imprese e un accesso al credito limitato, con bassa marginalità ed alta rotazione finanziaria.

Come ricordava il Cerved Industry Forecast sull’impatto del COVID-19 sui settori e sul territorio, tra i dieci settori che avranno le performance peggiori quest’anno, ben sette sono in tutto o in parte ascrivibili al turismo: alberghi, agenzie di viaggio e tour operator, agenzie di eventi, strutture ricettive extra alberghiere, trasporti aerei, organizzazione di fiere e convegni, gestione aeroporti, autonoleggi. E tutto questo nella previsione più ottimistica dello studio realizzato perché quella più pessimistica arriva a stimare la perdita di oltre il 70% del fatturato per tutto il 2021.

Giovani e buoni spenditori: l’offerta turistica italiana, così duramente colpita, si sta preparando a offrire turismo di qualità (che vuol dire trasporti efficienti, strutture dell’accoglienza rinnovate nei servizi anche extra-alberghieri, ristorazione di eccellenza secondo i parametri delle grandi guide internazionali, …)?

Ben vengano le iniziative di sensibilizzazione. Come quella promossa in questi giorni da Federalberghi, con una petizione online indirizzata al governo per salvare le imprese e i lavoratori del turismo, “prima che sia troppo tardi”. Un settore messo in ginocchio dalla pandemia, anche e soprattutto nelle città d’arte, dove le strutture ricettive alberghiere hanno registrato crolli di fatturato fino a oltre l’80%.

E ben vengano le nuove opportunità per conoscere la richiesta del turista potenziale. In questa direzione si muove l’iniziativa “Hotel Insights” di Google, che ha scelto l’Italia come primo Paese al mondo per lanciare il programma. La piattaforma HotelInsights (https://hotelinsights.withgoogle.com/intl/it_it/) permetterà a strutture e operatori del settore di ottenere informazioni riguardo alle ricerche effettuate dai potenziali turisti, da quali paesi arrivano e come cambiano le loro preferenze nel tempo. Inoltre, fornirà consigli utili su come sfruttare al meglio queste informazioni, aiutando a sviluppare conoscenza e asset digitali a sostegno delle proprie attività. Insieme a Hotel Insights, verrà reso disponibile un programma di formazione dedicato ai professionisti del settore con l’obiettivo di acquisire e sviluppare nuove competenze digitali, utili per farsi trovare pronti quando il turismo potrà finalmente ripartire. Il programma comprende i “Google Digital Training”, corsi online che saranno fruibili direttamente dai siti di Confindustria Alberghi, Federalberghi, Federturismo Confindustria per tutti i loro associati, insieme a un intero modulo di corsi dedicato al verticale turismo di Eccellenze in Digitale 2020-2021, un progetto supportato da Google.org e in collaborazione con Unioncamere.

Ma soprattutto ben vengano i programmi nel Recovery Plan, in favore del turismo, anche se paiono – soprattutto agli operatori, come si è espressa Confindustria – assai esigui. “Abbiamo dinnanzi a noi un periodo ancora molto duro, Enit stima che il ritorno ai livelli pre-crisi potrà affacciarsi all’orizzonte solo nel 2023 – ha dichiarato la vicepresidente di Associazione italiana Confindustria alberghi (Aica), Maria Carmela Colaiacovo -.  Per questo siamo sconcertati rispetto a quella che sembra la decisione di destinare nel Recovery Plan appena 8 miliardi a turismo e cultura. Due asset centrali nell’economia del Paese a cui viene riservato poco più del 2,5% delle risorse del piano a fronte di un impatto sul Pil che per il solo turismo vale oltre il 13% del totale”.