È un’Italia senza opposizione, quella che emerge dal sondaggio condotto da Swg per Espansione. Prima ancora che misurare il gradimento (o lo sgradimento) dell’azione di Governo – e di chi lo guida – emerge un certo nanismo a livello di leadership, soprattutto sul fronte di chi ha perso le elezioni del 2022. La segretaria del Pd – sulla carta il principale partito di opposizione – Elly Schlein ottiene la fiducia del 21% degli italiani. Si dirà che è più o meno il peso elettorale del partito. Vero. Ma la leadership si misura proprio nel saper andare oltre i confini del voto certificato. E in genere dopo un anno e mezzo è più facile avere consensi opponendosi, piuttosto che governando.
Infatti, il leader del M5S, Giuseppe Conte, mostra doti di leadership più spiccate. Il 30% degli italiani dichiara di avere fiducia in lui, raddoppiando – sulla sua persona – i consensi elettorali “pentastellati” del 2022. Ma anche lui resta sotto la soglia di fiducia che continua a ottenere Giorgia Meloni.
La luna di miele di un Governo si dice che duri un centinaio di giorni. Inevitabile quindi che nel corso di un anno la fiducia nel premier – e la valutazione circa l’efficacia del Governo – sia calata. Per Giorgia Meloni la fiducia degli italiani è scesa dal 41% (febbraio 2023) al 37% (febbraio 2024). La valutazione dell’efficacia del suo Governo è scivolata parallelamente dal 40% (sempre febbraio 2023) al 36% (febbraio 2024). Più sensibile il calo nella considerazione degli italiani per il Governo se si mette l’asticella a ottobre 2022, all’indomani dell’insediamento del nuovo Governo uscito dal voto elettorale di settembre: il 50% degli italiani (quindi più di quelli che avevano votato le forze della coalizione vincente) aveva fiducia nel nuovo Esecutivo. In un anno e mezzo 14 punti in meno. Non è poco.
Il sondaggio condotto da Swg e promosso da Espansione ha il merito di fotografare una discreta mediocrità tra i leader (Tajani ha superato Salvini nel centro-destra ma restando sotto quota 30%; Renzi è l’ultimo tra quelli del centro-sinistra) della politica italiana. Una mediocrità che gli italiani misurano anche in una considerazione di discreta incompetenza: solo quattro ministri sono considerati competenti da almeno la metà degli italiani.
Sarà fastidioso sottoporsi al giudizio del popolo che potrebbe anche non brillare per preparazione, ma – piaccia o non piaccia – il voto è il primo e l’ultimo giudizio. L’aristocrazia è finita da tempo e l’etichetta del “governo dei migliori” è sempre autoprodotta. E non porta bene né a chi governa, né a chi è governato.
Sfogliando altre slide del sondaggio ci si imbatte su qualche ipotesi di polarizzazione. Una, forse inattesa, è quella dei cattolici contro i non credenti. È una distinzione che pensavamo meno accentuata in una società laica e agnostica. Ma sarebbero proprio i “cattolici praticanti” il “corpo intermedio” più convinto nel sostegno al Governo Meloni (il 57% dei consensi), mentre i “non credenti” sono tra coloro che si mostrano più insoddisfatti (81%). Forse più clamorosa è la contrapposizione generazionale, sempre stando ai dati forniti da Swg. Giovani contro meno giovani. Giovani contro il Governo (ma è un po’ una caratteristica sociale, forse) e meno giovani soddisfatti del Governo (e qui non è detto che sia un classico). Nel dettaglio sarebbero gli studenti a mostrare la più forte insoddisfazione verso l’Esecutivo di centro-destra (l’89%).
E i giovani tra i 18 e i 34 anni – e qui emerge il dato generazionale mostrano contrarietà nel 75%. I numeri dell’insoddisfazione sono più clamorosi (nelle percentuali) di quelli della soddisfazione che pare un po’ più tiepida. Quei “meno giovani” dai 35 ai 54 anni si dichiarano soddisfatti con una percentuale che oscilla tra il 43% e il 44%. Ancora: il Governo piace alle casalinghe (46%) ma non ai disoccupati (il 79% si dichiara insoddisfatto). Se la seconda parte lo scontento dei disoccupati è prevedibile: difficile che chi prova un disagio sia favorevole a chi governa – poteva essere prevedibile, sarebbe interessante capire meglio da dove nasce la soddisfazione delle donne che si dedicano alla casa.
Un retaggio della famiglia tradizionale? Una coerenza con il mondo dei “cattolici praticanti”. I sondaggi sono una gran bella cosa per misurare la temperatura, ma non sempre servono per fare diagnosi approfondite. Restando ai sintomi c’è la polarizzazione geografica, anche questa poteva essere prevedibile. Il Governo Meloni piace al Nord-Est (42% di soddisfatti) e non piace nelle isole (73% di insoddisfatti). Le macro-categorie sottoposte alla risposta degli italiani lasciano inesplorate molte aree che dovrebbero qualificare un Governo, e che potrebbero qualificare questo Governo. Da capitolo “pensioni” sostanzialmente archiviato – con buona pace dei leghisti che avevano dichiarato guerra alla legge Fornero a quello degli extraprofitti bancari, evocato spesso, ma privo di reali ricadute. Potremmo continuare: il mercato del lavoro resta quel vecchio arnese che fa sempre sperare in riforme strutturali dei Centri per l’impiego, ma che restano uguali al vecchio e inefficiente modello, quanto più vengono invocati nuovi e riformati.
La pubblica amministrazione continua a essere combattuta tra complicazioni normative figlie di una politica poco competente e una inefficienza produttiva che spesso crea l’incidente (il caso della lentezza nel rilascio dei passaporti è solo uno degli esempi di questa mala-burocrazia irriformabile e irriformata).
È curioso che il tema sul quale gli italiani si dimostrano più soddisfatti dell’azione del Governo Meloni sia la politica estera. Ci si poteva aspettare che non fosse la prima preoccupazione di un Paese da sempre considerato “provinciale”, pronto a ogni avventura internazionale, poco fedele da sempre alle alleanze e incline a tramandare un opportunismo che – forse Francesco Guicciardini – sintetizzò: “Franza o Spagna, purché se magna”. Non era – e non è – il programma di una politica estera affascinante.
D’altro canto la politica economica del Governo è apprezzata dal 36% degli italiani. Ma se dovessimo capire meglio che cosa c’è dentro il perimetro forse avremmo delle sorprese: le politiche per il lavoro, quelle fiscali, o per l’ambiente sono fanalini di coda nella valutazione dei nostri concittadini. Insomma, poco entusiasmo, e forse un po’ di disincanto, nel guardare l’azione di Governo. Di questo Governo, ma forse sarebbe così anche se ci fosse un’altra maggioranza. E non c’è nessuno che solleciti o faccia fretta, nemmeno dall’opposizione. Anzi. Un Paese che resta a guardare, senza consumarsi in passioni, né pro, né contro. La stagione dei like e dei social sembra aver anestetizzato l’agone politico. O forse più semplicemente è finito il tempo che ci faceva almeno sperare in un futuro migliore. Il presente non è granché? Forse, ma perché cambiarlo?
Fonte: Espansione