La Pubblica Amministrazione (Pa) piace agli italiani. Possibile? Mostra questa inattesa certezza l’ultimo “Barometro Pa” realizzato da Fpa – evoluzione del vecchio progetto Forum Pa, che per anni ha organizzato un evento autopromozionale per la Pa – oggi società di Digital 360, Gruppo che promuove l’innovazione digitale come motore di sviluppo sostenibile e inclusivo dell’economia e di rinnovamento delle imprese e della pubblica amministrazione.
Un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono? Forse. Qualche dubbio è lecito quando – dati alla mano della ricerca condotta da Fpa – si legge che i primi tre aggettivi associati alla Pa sono “competente” (per il 24%), “efficiente” (20%) e “digitale” (19%). I “rispondenti” sono gli stessi italiani che hanno visto allungarsi i tempi di attesa per una visita specialistica presso il Ssn? O non sono anche quei genitori che sono chiamati a portare da casa la carta igienica per la scuola dei figli, visto che questo e altri supporti essenziali risultano “esauriti” in loco? Competente, efficiente e digitale è anche la Pa che costringe ad attese di mesi per il rilascio del passaporto (o della carta di identità elettronica)?
Secondo l’indagine Fpa, su una media di un 64% di cittadini soddisfatti della Pa (di cui il 12% molto e il 52% abbastanza), i giovani 18-34enni sono più positivi rispetto alle fasce di età superiori (81%), chi ha un diploma o una laurea più di chi ha titoli di studio inferiori (88% i soddisfatti in entrambi i livelli di istruzione). Tra le aree geografiche, i più soddisfatti sono gli abitanti del Centro Italia (79%) e del Nord ovest (77%), meno quelli del Sud (54%) e Nord est (46%). Credibile?
Una lunga esperienza al vertice di una grande Pa, mi ricorda l’utilizzo dei primi emoticon (con le tre faccine: una sorridente, verde, una perplessa, gialla e una corrucciata, rossa) che i cittadini erano invitati a selezionare dai primi totem all’uscita degli uffici pubblici. Spero che il sondaggio sia stato condotto con altre modalità.
Più plausibile l’altra risultanza dell’indagine: cresce l’attrattività del settore pubblico come datore di lavoro: a 7 italiani su dieci interesserebbe un impiego nella Pa. La motivazione rilancia l’incredulità: non si tratta solo di perseguire il “posto sicuro” (più che comprensibile in un periodo di vacche magre e di rischi socio-economici crescenti), ma anche per la qualità della proposta professionale. E qui ritorna il dubbio. Che Fpa, in qualche modo ammette: a parole saranno anche 7 su 10 gli italiani che indicano la Pa come luogo di lavoro ideale, ma è acclarato che mediamente due vincitori di concorso su dieci hanno rinunciato al posto, con punte del 50% per quelli a tempo determinato. A questo si collega il fenomeno dei plurivincitori: nell’ultimo biennio il 42% dei candidati ha partecipato a più concorsi e il 26% è risultato idoneo in almeno due graduatorie.
Intanto, la Pa diventa sempre più anziana. Nel 2021 l’età media del personale stabile era di 50,7 anni (49,9 anni per gli uomini, 51,4 per le donne). Nel 2001 era di 44,2 anni. L’età media di entrata è passata in vent’anni da 29,3 a 34,3 anni. Gli impiegati pubblici con meno di trent’anni sono il 4,8%, si riducono al 3,6% solo tra il personale stabile. Insomma, tutto fuorché un futuro roseo dell’employer branding della Pa.
Più che parole rassicuranti sulla Pa ci sarebbe bisogno di maggiore attenzione per gli utenti. L’attenzione per i dipendenti, nelle aziende private, è funzionale per garantire più efficienza dell’impresa e quindi una maggiore soddisfazione del cliente. Nella Pa permane il rischio di una autocelebrazione, tutta rivolta a rassicurare i 3,2 milioni di dipendenti, trascurando la soddisfazione – quella vera – dei 58 milioni di cittadini utenti.
Fonte: Libero Economia