Uno dei due problemi dell’era digitale è di non farsi raggiungere da chi non ci è gradito. È esperienza comune che le caselle di posta elettronica sono inondate regolarmente da decine (o centinaia) di messaggi non richiesti, se non addirittura molesti. L’altro problema è di farci raggiungere (o almeno di poter raggiungere facilmente) da chi ci serve, cioè da chi dovrebbe svolgere un servizio a nostro vantaggio.
Il mondo privato ha allestito molte piattaforme efficienti per poter soddisfare le nostre esigenze di acquisto per prodotti e servizi. Non è così (quasi mai) per la Pubblica Amministrazione. Premesso che il singolare è improprio – esistono circa ventimila diverse Pubbliche Amministrazioni in Italia: Asl, Comuni, Università, Ministeri, Istituti ed enti locali e centrali – è spesso improbabile la possibilità di connettersi con le diverse Pa. Una volta ci si accontentava di un numero verde, di un call center. Col tempo abbiamo imparato che l’efficienza di un contatto telefonico è proporzionale alle risorse umane disponibili, al loro addestramento e alla loro educazione. Un mix implosivo, purtroppo.
Il web però non si è rivelato strada migliore. Non è sempre facile trovare un indirizzo mail e quando lo si trova ci si rende conto presto che non è “presidiato”. Cioè quasi nessuno legge quello che viene scritto e inviato ma ancora più raramente si trovano soggetti rispondenti.
Dovete segnalare un lampione spento sotto casa? Dovete contestare una spesa che ritenete non dovuta? Nel primo caso lasciate perdere. Nel secondo o avete un commercialista oppure dovrete perdere tanto tempo e farvi sangue amaro. Se, come accaduto pochi giorni fa devi segnalare una buca in strada, meglio provvedere con bitume proprio e colmare il dislivello. Salvo poi rischiare una multa per aver manomesso il manto stradale. L’episodio recente è avvenuto nel profondo Nord, in provincia di Monza; ma vengono alla mente le segnalazioni con segni fluorescenti che qualche cittadino di Roma, qualche mese fa, aveva preso l’abitudine di lasciare sull’asfalto per segnalare le buche in strada.
Ora come allora l’iniziativa privata è stata punita. Il cittadino intraprendente viene multato se fa quello che spetta alla Pa. Ma se la Pa non interviene nessuno viene sanzionato. Ma ancor prima non sai come ingaggiarla questa Pa. Qualche volta funziona la scorciatoia dell’Ufficio stampa, almeno per quelle Pa che hanno mantenuto una sensibilità per la reputazione pubblica. È il paradosso della digitalizzazione. Tutti siamo raggiungibili e profilati, ma se abbiamo bisogno gli altri si fanno sordi e ciechi, come se fossimo ripiombati nell’Ottocento, dove le comunicazioni si svolgevano con carte e protocolli.
Inevitabile prendersela con la burocrazia. Con il solito avvertimento che abbiamo rammentato altre volte: il burocrate non fa che applicare le norme – farraginose e mal scritte – che la politica gli confeziona. Anche quando si accontenta dell’adempimento lo fa perché ci sono regole che gli richiedono solo questo, anche per ottenere il premio di risultato. L’eccesso normativo non è fatto per essere tradotto in un’App di facile uso. Serve piuttosto per esigere nuovi balzelli. Come l’incredibile contributo richiesto per l’”autofinanziamento di Anac” dalla fine di dicembre 2022. A parte che l’autofinanziamento è sempre a carico di chi viene controllato (quindi non è auto-finanziamento): operatore economico o stazione appaltante. Se un servizio è necessario viene erogato con le risorse della fiscalità generale. Sarebbe come chiedere una tassa di scopo per il Pronto soccorso. Se l’autorità per l’anticorruzione – e la sua ipertrofia – ha bisogno di nuove risorse perché le chiede al mercato che deve controllare? Con la conseguenza che a pagare saranno coloro che non avrebbero bisogno dell’Anac.
Fonte: Libero Economia