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Su spiagge e ambulanti Draghi è stato deludente

Su spiagge e ambulanti Draghi è stato deludente

L’ultimo totem è la mappatura. Dopo averla invocata come preliminare alla riforma del Catasto – di fatto rimandata sine die – rieccola a proposito del Dl Concorrenza, in particolare come condizione per mettere mano alla riforma delle concessioni demaniali marittime. E’ curioso che il Governo dei migliori legga poco i documenti di cui lo Stato già dispone. In questo caso l’Antitrust aveva già fatto qualcosa che supera l’immaginazione di una mappatura. Non si tratta di un atto privato, ma del documento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (volgarmente, Antitrust) aveva predisposto una Proposta per la riforma della concorrenza, prima ancora del varo del Pnrr, a marzo di quest’anno.

Nel documento Antitrust ci sono numeri precisi: le concessioni demaniali marittime, lungo i 9500 chilometri delle coste italiane, sono 29.689. Ma la mappatura esistente è ancora più dettagliata: l’Antitrust ha scritto che 21.581 di queste concessioni sono soggette a canone, per un valore medio di 2500 euro annuali ciascuna. Non è uno scherzo. Con l’abbonamento stagionale di un ombrellone (senza sdraio né lettini) il gestore del bagno si paga l’onere pubblico per il Demanio. Tutto il resto è guadagno. Quanta parte di questo guadagno viene investita nell’ammodernamento delle strutture non è un dato obbligatorio. C’è chi si contenta di fare ordinaria amministrazione, chi attrezza il suo lido in modalità più confortevoli, caricando poi tutto sul prezzo finale praticato ai cittadini in vacanza. La concessione non vincola a nessuno standard di qualità.

Di quali altre mappature c’è bisogno per comprendere che la gara per una concessione dovrebbe essere opportuna e doverosa prima ancora che obbligatoria sulla base della Direttiva Bolkestein? Da quindici anni l’Europa ci chiede di liberalizzare la concorrenza per la gestione dei servizi, compresi quelli che derivano dalle concessioni demaniali. Dal 2010 la Direttiva è stata recepita dalla legislazione italiana, salvo un continuo rinvio della sua applicazione: il Governo Conte ha rinviato la palla fino al 2033, con grande soddisfazione degli attuali concessionari.

Da Mario Draghi, anche se in pieno periodo elettorale – per il Quirinale – e in piena fibrillazione per l’assalto di fine anno alla diligenza della manovra, era lecito aspettarsi di più. Aveva detto di aspettare la sentenza del Consiglio di Stato pendente. E’ arrivata, a favore della norma europea. Il nostro premier conosce l’Europa, le sue istanze, le sue richieste. Che in questo caso paiono più che legittime e persino vantaggiose per le casse dell’Erario: 115 milioni di canone per quasi diecimila chilometri di coste, diciamolo, è uno scandalo!

La timidezza del Dl Concorrenza si giustifica con una richiesta di “trasparenza”, come se fosse una “terza strada” tra l’ambizione di scelte radicali e l’obiettivo del consenso. Tutto dovrebbe essere già trasparente, da anni. Invocare la trasparenza sembra solo la diffusione di nebbia, come quella che viene rilasciata da qualche sistema di antifurto domestico, quando si è verificata un’effrazione. Per i cittadini – più che una formale trasparenza, peraltro dovuta – conta di più il servizio e un ragionevole costo dello stesso.

Non si può nemmeno evocare la trasparenza come traduzione contemporanea del classico del buon governo secondo Luigi Einaudi: “Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare”. Si conosce già abbastanza, si discute da anni e non si decide mai.

L’occasione persa non riguarda solo le concessioni demaniali marittime, lasciate nelle mani dei soliti noti. La stessa incertezza riguarda il mercato degli ambulanti; segmento molto meno ricco dell’altro, ma come l’altro sottoposto a condizioni di privilegio, che nulla hanno a che vedere con il mercato. Lo stesso dicasi per il trasporto pubblico locale, per i taxi, o per i notai. Le aree protette – sottratte alla competizione del mercato – sono rimaste tali; la concorrenza è solo un nome per indicare una norma che condizionerà in negativo ogni sforzo di liberalizzazione.

Fonte: Libero Economia